Messico, whisky, notti piene di demoni drammatico e visionario viaggio nei meandri più oscuri dell'anima, Sotto il vulcano doveva essere, nelle intenzioni di Malcolm Lowry, il nucleo centrale di un'opera che avrebbe compreso anche Ultramarina, Ascoltaci signore nonché tutti i racconti e i romanzi in fase di gestazione. Il titolo della sua personale ricerca del tempo perduto sarebbe stato Il viaggio che non ha mai fine, che spiega già sottilmente una possibile verità su Malcolm Lowry: il vero romanzo è stato quello della sua vita. Viaggiatore e bevitore, Malcolm Lowry era constantemente alle prese con visioni e revisioni dei suoi romanzi, pubblicati o meno che fossero, come se nella vita e nella scrittura fossero possibili aggiornamenti in corsa. Scriveva in Sotto il vulcano, cercando un'ennesima definizione alla sua personalità: “Ed è così che talvolta penso a me stesso, come a un grande esploratore che abbia scoperto una terra straordinaria dalla quale non possa mai ritornare per darne contezza al mondo: ma il nome di questa terra è inferno. Non è al Messico, naturalmente, l'inferno ma nel cuore”. La vita del Console, protagonista di Sotto il vulcano, e quella di Malcolm Lowry s'intersecano ripetutamente, in lotta con fantasmi, rimpianti e ombre inquietanti che spuntano dal tramonto all'alba: “Notte: e ancora una volta, il notturno corpo a corpo con la morte, la stanza che trema di orchestre demoniache, i brevi periodi di sonno spaurito, le voci fuori dalla finestra, il mio nome continuamente ripetuto in tono beffardo da ospiti immaginari in arrivo, le spinette del buio”. E' facile perdersi nella bolgia di Sotto il vulcano: il contorno di disperati di ogni forma e natura, è uno scenario cupo e cacofonico che fa da contrappunto alla disperazione del Console il cui divorzio sembra sancire una netta separazione dal mondo oltre che dalla moglie. Ciò non impedisce al Console, ed a Malcolm Lowry, di percepire la distruzione incombente sul Messico, a sua volta nazione abbandonata al proprio destino. E' una sensazione, l'ennesima profezia dovuta all'alcool o alle troppe letture di William Blake: “Chi avrebbe mai creduto che un uomo oscuro, seduto al centro del mondo in una stanza da bagno, diciamo, a pensare miseri pensieri solitari, stesse mettendo in moto il funesto destino di loro tutti, e che, anche mentre egli stava pensando, fosse come se da dietro le quinte si tirassero certi fili, e interi continenti esplodessero in fiamme”. Incendi tutt'altro che metaforici: non è un caso che l'intera e complessa gestazione di Sotto il vulcano abbia seguito tutto il corso della seconda guerra mondiale (Malcolm Lowry lo cominciò nel 1936 per vederlo pubblicato, dopo tre riscritture almeno, nel 1947) e che lo stesso Malcolm Lowry lo considerasse “una profezia, un monito politico, un criptogramma”. Sarebbe stato più semplice da decifrare se il grande progetto di Malcolm Lowry si fosse compiuto, ma a dispetto del suo working title, il viaggio trovò una sua fine, nel 1936, in Inghilterra: ancora una bottiglia in mano e “la luce del sole non poteva condividere il fardello della sua coscienza, di quella pena senza sorgente”.
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