Un
libro pieno di musica, di canzoni, di un ritmo ondulante tra il
rock'n'roll e le orchestrine mariachi. Un romanzo che è un
agglomerato di racconti, come il rebozo, il coloratissimo scialle che
è al centro dell'attenzione, è un puzzle di tessuti perché, come
scrive Sandra Cisneros, "la verità è che queste storie non
sono altro che storie, pezzetti di filo, scampoli, piccole cose
sparse trovate qua e là, cucite insieme per farne una nuova".
Scrittrice americana (è nata a Chicago) ma di origini messicane,
molto attenta al ritmo delle parole, del racconto, ma anche delle
condizioni umane e sociali ("Scrivere è fare domande"),
Sandra Cisneros ha dedicato a Caramelo (o Puro
Cuento)
quasi dieci anni. Un romanzo che racconta, dal punto di vista di
Lala, una bambina nel vortice delle storie della sua famiglia, i
Reyes, del loro viaggiare tra Messico e Stati Uniti. Due nazioni, due
lingue, due mondi opposti, quello dell'infanzia ("Dato che siamo
bambini, le cose succedono e qualcuno si dimentica di raccontarcele,
oppure ce le raccontano e noi ce le dimentichiamo") e quello
degli adulti si sovrappongono in continuazione tra realtà e
immaginazione e diventano un flusso di storie ("La verità è
che queste storie non sono altro che storie, pezzetti di filo,
scampoli, piccole cose sparse trovate qua e là, cucite insieme per
farne una nuova"), strade ("Non come sull'atlante
dall'arancione al rosa, ma a un semaforo, nella calura ondulata e
nella frastornante puzza di benzina, gli Stati Uniti finiscono
all'improvviso, un aggrovigliato pigia pigia di fari rossi di auto e
di camion che aspettano di passare il ponte. Miglia e miglia"),
canzoni per raccontare che "la vita era crudele. E spassosa
nello stesso tempo". La vita della famiglia Reyes, nel suo tran
tran quotidiano di liti, feste, lavori da quattro soldi e
pellegrinaggi attraverso la frontiera ("Ogni anno quando passo
il confine è sempre la stessa cosa: la mia mente dimentica. Ma il
mio corpo ricorda sempre") è raccontata da Sandra Cisneros con
un andamento che sembra riprendere l'antica e primordiale unità tra
musica e poesia. Il ritmo è costante, le immagini vivide e i
personaggi perfettamente identificabili e Caramelo raccoglie
nel linguaggio che dipana lungo le sue quattrocento e passa pagina
tutta la nostalgia e la malinconia che sono proprie della condizione
degli emigranti. Con gli occhi di una bambina, ma con la coscienza
delle capacità chirurgiche della scrittura, con Caramelo Sandra
Cisneros dipige un grande, affascinante affresco della vita tra due
nazioni, due linguaggi, due tempi e probabilmente anche due vite
diverse. In mezzo c'è sempre una frontiera, a partire dal border,
quello reale, tra Messico e Texas che viene attraversato, nei due
sensi, e dove si confondono le storie e le parole. Le differenze e le
distanze diventano frasi musicali, i volti si trasformano in
personaggi, l'inglese e lo spagnolo si confondono perché come ha
detto Helène Cixous "gli espropriati vivono nel linguaggio",
e ognuno ha il suo. Così si dipanano lunghe scene di viaggio che per
Sandra Cisneros sono anche ritagli autobiografici perché va "a
cercare quelli che mi sono lasciata dietro. A cercare quelli che non
possono andarsene"; sublimi ritratti del tran tran domestico di
tre diverse (e contigue) famiglie; tutta una vita che "era
crudele. E spassosa nello stesso tempo". Ancora una
contraddizione, una frontiera e una grande scrittrice che usa le
parole, le lingue, le scritture per superarla. Se serve un paragone
musicale (che tra l'altro può funzionare benissimo come colonna
sonora) prendete Kiko dei
Los Lobos. Caramelo ha
la stessa varietà di sfumature, lo stesso ritmo dolce e incalzante,
una voce calda a cui non sfugge nessuna storia. Come ha scritto
Eduardo Galeano: "Caramelo è
un treno pieno di immaginazione, senza un capolinea, che va e viene
dal Messico agli Stati Uniti, attraversando le frontiere del tempo e
dello spazio, pieno di voci, di musica, fatto di memoria e vita".
Un capolavoro.
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