Come scriveva Jean Baudrillard all'inizio di America, "la storia è piena di trucchetti" e tra American Tabloid e Sei pezzi da mille James Ellroy li sta raccontando tutti, dilungandosi nei particolari e nelle ipotesi. E' fiction con i denti stretti attorno alla storia e alla realtà e la protagonista è, ancora una volta, l'America di complotti e intrighi, di trame e misteri, di voci e dossier, di agenti e agenzie dai doppi e tripli giochi. L'America oscura e pericolosa della baia dei Porci, del commercio di eroina dal Vietnam (su aerei dell'aeronautica militare degli Stati Uniti), del Ku Klux Klan, di Las Vegas e di Hollywood. La paranoia di un secondo livello di legalità (se così si può chiamare) esistente in nome della democrazia e della sicurezza nazionale è la stessa raccontata nei libri di Don DeLillo ed è l'humus in cui fioriscono le quasi ottocento pagine di Sei pezzi da mille. Con la differenza che James Ellroy non arriva a conclusioni morali e non prova a tracciare un'analisi storica: gli interessano gli uomini e le donne, le loro piccole storie, i vizi e i tabù, le miserie e le follie. Possono chiamarsi Pete Bondurant, Ward Littell, Wayne Tedrow (padre e figlio, che è il protagonista principale), Wendell Durfee oppure John e Robert Kennedy, John Edgard Hoover, Martin Luther King, Jimmy Hoffa, Lyndon Baines Johnson: il punto di osservazione di James Ellroy, la sua storia, parte dai loro gesti quotidiani, dalle conversazioni, da dettagli apparentemente insignificanti che però spiegano tutto. Per cui se con American Tabloid, James Ellroy aveva cominciato a raccontare una sua personale storia dell'America come la conosciamo, con Sei pezzi da mille va ancora più a fondo. Il suo nuovo romanzo è il seguito naturale di American Tabloid perché ne sviluppa gli intrecci e ne ripropone gli scenari nel periodo storico compreso tra i due omicidi dei fratelli Kennedy, John e Robert (con, al centro, quello di Martin Luther King). Un lasso di tempo che ha diviso verticalmente in due l'America e che James Ellroy racconta seguendo da vicino, vicinissimo le gesta di agenti dal facile doppio gioco, avvocati con un piede nella mafia e l'altro nell'F.B.I., squadre di mercenari, predicatori e teppisti. Il linguaggio è volutamente scarno, reiterato, spesso privo di qualsiasi inflessione letteraria, ma il ritmo è veramente martellante, tanto che si ha l'impressione di essere trascinati a viva forza nel corso degli eventi. Se le soluzioni formali passano in secondo piano (e James Ellroy a questo punto se lo può anche permettere) è l'essenza di Sei pezzi da mille quella che non deve sfuggire: per i suoi personaggi e interpreti (una distinzione d'obbligo, visti i ruoli) "lo spiritus mundi là fuori sta cominciando a somigliare a un gigantesco sogno erotico" ed è un'osservazione che vale anche per tutti noi. Paradossalmente, è proprio grazie a romanzi come Sei pezzi da mille che possiamo permetterci di riflettere, fiction o meno, sui diversi livelli di lettura della realtà. Monumentale nelle dimensioni e scomodo nella sua struttura a più strati, Sei pezzi da mille è però rapidissimo nel coinvolgere il lettore che, una volta fagocitato nelle spire di questa America torbida e violentissima, non riesce più ad uscirne. Provare per credere.
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